Quando si sente parlare di volgarizzazione del marchio non siamo di fronte alle parolacce usate da un’azienda per rispondere alle critiche sulla sua pagina Facebook. La volgarizzazione del marchio è un fenomeno tipico della società dei consumi e ha origini lontane.

A tutti noi è capitato di chiedere uno scottex in cucina o dello scotch in cartoleria, senza voler per forza volere Scottex e Scotch con la lettera maiuscola, ma più semplicemente della carta assorbente e del nastro adesivo. Queste due denominazioni sono infatti dei marchi che identificano uno specifico prodotto commerciale, non sono nomi generici di prodotto.

A noi però capita quotidianamente di usare marchi specifici per definire oggetti generici. Il marchio ha quindi perso distintività. Il marchio è diventato un modo comune per descrivere se stesso ma anche per descrivere indistintamente propri simili. Questo accade spesso con prodotti che portano particolari innovazioni nella quotidianità della gente comune (come nel caso del Post-it) o con prodotti particolarmente felici dal punto di vista commerciale e del marketing (come ad esempio è successo in passato con il Tom-Tom).

Il fenomeno della volgarizzazione del marchio è in alcuni casi rischioso, in altri potenzialmente interessante. Quando si parla di invenzioni particolarmente brillanti, il rischio è quello di perdere distintività nonostante tutti gli sforzi per proteggere con marchi depositati e brevetti le proprie innovazioni. Nel caso invece di prodotti vincenti dal punto di vista commerciale e del marketing, la volgarizzazione del marchio può portare ad un effetto volano che provoca visibilità esponenziale all’azienda a costo zero. Grazie al radicamento dell’uso di quel marchio per identificare un prodotto generico nelle conversazioni quotidiane, la gente comune fa marketing indiretto all’azienda ed è allo stesso tempo spinta ad acquistare quel marchio proprio perché nella sua mente è ormai sinonimo del prodotto stesso.

Per chi ha a che fare con la piccola e media impresa, la volgarizzazione del marchio può sembrare un fenomeno lontano. In sostanza lo è, infatti spesso solo grandi imprese e brand internazionali hanno la possibilità (talvolta loro malgrado) di poter posizionare sul mercato un marchio che subisca poi il fenomeno di volgarizzazione. Ma anche per le PMI questo fenomeno può essere un monito interessante, un segnale che può insegnare a non banalizzare il processo con cui si assegnano nomi e denominazioni ai prodotti della propria azienda.

Potrebbe essere poco efficace per il nostro marketing dare ai nostri prodotti i nomi dei nostri pesci rossi, delle nostre città preferite, o denominazioni in codice che somigliano al nostro codice fiscale. Anche e soprattutto in un epoca come questa in cui le ricerche si fanno essenzialmente online sui motori di ricerca, e maggiore è la possibilità di fraintendimento tra prodotti differenti, maggiore è la possibilità di non essere trovati sul web.

Immettere nel mercato un prodotto con un nome ben progettato, o meglio ancora con un marchio definito, può essere quindi uno strumento utile di distintività a tutti i livelli, anche per le PMI.