Viviamo nella società dell’immagine, nel senso più ampio del termine. Non solo immagine come apparenza ma anche immagine come linguaggio di comunicazione, ovvero grafica, infografica, foto, video. Non solo i social network, con fenomeni di microblogging come Instagram, Pinterest e YouTube, ma anche carta stampata e magazine online istituzionali sono sempre più caratterizzati dall’utilizzo di strumenti di comunicazione legati all’uso delle immagini e delle infografiche.

Grazie alla semplicità di accesso a software free e hardware a basso costo, le grafiche, le foto e i video sono i protagonisti indiscussi della comunicazione contemporanea. Il marketing è condizionato fortemente da questo fenomeno e utilizza il più possibile la forza dirompente della potenziale viralità di questo tipo di contenuti.

Siamo nella società dell’apparenza ma sempre più, complice la crisi, ci stiamo emancipando dal consumismo cieco, fine a se stesso, e ci stiamo avvicinando al consumismo consapevole, di qualità (i primi segnali in questa direzione ci sono tutti, la speranza è che non sia solamente una sensazione). Il consumismo consapevole è affamato non solo di oggetti di qualità, ma di servizi e di emozioni, il consumatore infatti ricerca sempre di più occasioni di acquisto emozionalmente significative.

Per costruire l’ecosistema perfetto per la proliferazione di fenomeni di shopping experience, il marketing ha la necessità di produrre comunicazione promozionale sia di quantità che di qualità. In particolare lo strumento video è ancora poco esplorato e le statistiche ipotizzano uno sviluppo esponenziale di questo linguaggio di comunicazione.

Che si parli di video, foto, grafica o infografica, l’obiettivo del progetto di web marketing è quello di uscire dalla zona d’ombra dell’advertising blindness (ovvero la nostra assuefazione alla pubblicità web, la nostra assoluta noncuranza nei confronti della comunicazione commerciale “tradizionale” – come ad esempio i banner – all’interno delle pagine internet che visitiamo) e di fornire esperienze di engagement, ovvero motivare la nostra intenzione a visualizzare i contenuti pubblicitari, facilitandone l’interazione, mantenendo viva la nostra attenzione, stimolando la condivisione con la nostra rete di contatti. Questi meccanismi di marketing experience sono molto complessi, nulla può essere lasciato al caso.

Per veicolare la qualità percepita di un brand gli “influencer”, portatori del loro bagaglio di follower, restano sempre il trampolino di lancio indispensabile per creare la massa critica di base, il tipping point oltre il quale un contenuto si trasforma in condivisione virale. Ma è sempre necessario produrre contenuti di qualità, in linea con le aspettative del target di riferimento, e saperle diffondere con un adeguato progetto di distribuzione dei contenuti.

Per restare nel mondo del fashion, personaggi più “tradizionali” come Anna Wintour o più “attuali” come Chiara Ferragni non hanno quindi nulla da temere, c’è ancora bisogno di loro e della loro quantificabile influenza numerica.

Ma non è sufficiente ingaggiare un opinion leader o un influencer per risolvere il nostro problema di comunicazione. Creazione di contenuti di valore, capacità di distribuzione dei contenuti stessi: servono obiettivi precisi, e la consapevolezza del come andare a bersaglio. C’è sempre bisogno di molta, moltissima tattica, certamente, ma è fondamentale aver chiara in testa una dannata strategia.